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Dalla tradizione al sapore: viaggio nella cucina di Catania e dintorni​

Catania vista dall'alto e il vulcano Etna a sovrastarla

 

Catania non è solo lasagne, pasta al forno, cannelloni o i tanto celebrati arancini. Non è soltanto la famosa carne di cavallo arrostita nella via del Plebiscito, tra il fumo delle braci e le grida dei venditori. Catania è anche questo, certo. Ma è molto di più.

È una città che si racconta nel dettaglio di ogni sapore, nelle conserve fatte in casa, nei piatti dimenticati, nei profumi di un tempo che non passa mai. Il sapore della cucina catanese – e della Sicilia orientale intera – affonda le radici in secoli di storia, di dominazioni e contaminazioni. Greci, arabi, spagnoli e normanni hanno lasciato ognuno un ingrediente, un profumo, un modo di cucinare.

Ed è così che oggi, a Catania, si mangia un pezzo di mondo in ogni boccone.

Il cuore caldo di Catania: un’esperienza che coinvolge tutti i sensi

Catania è un’esperienza che coinvolge tutti i sensi. Non si visita: si sente, si vive.

L’olfatto si riempie dell’odore intenso del pesce alla griglia, del fritto di strada, del cotturo della carne di cavallo che fuma nelle notti catanesi. E poi, l’aroma dei carciofi freschi, dei peperoni arrostiti e delle melanzane sott’olio, che si mescolano nell’aria come una promessa di bontà. È un abbraccio unto e sincero.

La vista è catturata dal blu profondo del mare di Ognina, dal barocco vivo che scolpisce le facciate, dai mercati che sembrano teatri a cielo aperto.

L’udito è una sinfonia di voci animate e richiami dei pescivendoli alla Pescheria, le risate nei vicoli, il rumore della brace che scoppietta e delle posate che si incrociano nelle trattorie.

Il tatto lo trovi nel calore del pane appena sfornato, nella pietra lavica che emana calore dalle strade, nell’abbraccio della gente che ti accoglie.

Il gusto, infine, è l’esplosione: dolce, salato, amaro, piccante. È il fresco della granita al limone, la morbidezza della pasta alla Norma, il sapore deciso della caponata.

Le conserve: barattoli di tradizione

Ma la cucina orientale siciliana non è fatta solo di primi e secondi. È fatta di barattoli che raccontano storie, di antiche ricette preparate d’estate e gustate tutto l’anno. Le melanzane sott’olio, con aglio, peperoncino e menta. I peperoni sott’aceto, le olive condite, i pomodori secchi. E poi le famose bottiglie sott’aceto, con dentro cavolfiore, sedano, carote, cipolline: un’esplosione di gusto che accompagna ogni antipasto della tradizione.

Questi sapori pungenti e decisi non sono un contorno: sono un rito, un segnale di ospitalità, un invito a sedersi e condividere.

pasta con macco di face

I piatti dimenticati: il gusto della memoria

Tra tutte le ricette della nostra terra, ce ne sono alcune che oggi si preparano sempre meno. Piatti antichi, poveri ma intelligenti, che hanno nutrito generazioni intere e oggi rischiano di sparire.

Tra questi:
U’ maccu di fave: vellutata di fave secche con finocchietto selvatico, nutriente e profumata.
Pasta c’anciova e muddica atturrata: semplice, saporita, geniale.
Cucuzza longa cu l’ovu: un piatto che sa di estate, preparato con la zucchina lunga e uovo sbattuto.
Sciusceddu alla messinese: piatto pasquale tradizionale, una zuppa con polpettine di carne, uovo e ricotta.

Catania, fimmina e stidda

Chi viene a Catania, spesso se ne va con gli occhi lucidi. I turisti raccontano di aver pianto, perché Catania non è solo bella — è viva, è umana, è calda. Di giorno ti abbraccia con la sua storia, ma è di sera che ti strega, con l’odore del pesce alla brace, della carne nei vicoli, con le granite consumate a mezzanotte, e con la gente che ti parla, ti ride e ti fa sentire uno di famiglia.

E come canta Giuseppe Castiglia nella sua Chi bedda Catania:

“Catania è ‘na fimmina, bedda, passionale,
ca quannu t’arraggi, poi ti fa scurdari ‘u mali…”

“Chi bedda Catania… tu si ‘na stidda ntra lu mari.”

Una stella, sì. Che brilla nei vicoli, nei mercati, nei piatti pieni e nei cuori di chi, una volta almeno, ha avuto la fortuna di sedersi alla sua tavola.

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